giovedì 30 aprile 2009

PRIMO CONGRESSO FGS LOMBARDIA




Il giorno 10 Maggio,a partire dalle ore 10.00, presso le ex cucine economiche in via Montegrappa 8, si terrà il congresso fondativo della FGS Lombardia. Siete tutti invitati.
Saranno presenti ed interverranno Luigi Iorio, segretario FGS nazionale, Pia Locatelli, eurodeputata, e numerosi altri ospiti del mondo politico giovanile.
Partecipate numerosi!!!



Per ulteriori informazioni potete scriverci un' e-mail a fgsmilano@gmail.com

mercoledì 22 aprile 2009

TESTAMENTO BIOLOGICO

Consulta di Bioetica - Sezione di Verona
COMUNICATO STAMPA
TESTAMENTO BIOLOGICO O TESTAMENTO IDEOLOGICO?
Verona, 2 aprile 2009


Il 26 marzo il Senato ha approvato il disegno di legge Calabrò sul testamento biologico. La legge è stata blindata dalla maggioranza, che non ha accolto nessun emendamento proposto dall’opposizione, svuotando di qualsiasi significato l’attività del Parlamento. Il testo trasmesso ora alla Camera dei Deputati presenta norme ancora più rigide di quelle già in precedenza contestate.Una legge antidemocratica e incostituzionale.
La legge Calabrò è antidemocratica perchè vìola le libertà dei cittadini. Infatti prevede che idratazione e nutrizione artificiali (sondino naso-gastrico) siano obbligatorie sempre e per tutti i pazienti, coscienti e incoscienti. Nonostante l’intera comunità scientifica internazionale e italiana ritenga il sondino naso-gastrico una terapia medica, un atto sanitario, così non è per questa legge, che lo indica genericamente come forma di sostegno vitale, e come tale il medico non lo può negare a nessuno. Inoltre il DDL prevede che non possano essere interrotte le terapie già intraprese, quando questa interruzione può causare la morte. Dal DDL approvato sono scomparsi anche molti riferimenti alla figura del fiduciario, ridotto nel suo ruolo teso a far rispettare le volontà del paziente.
Questa legge non tutela la libertà di cura, ma obbliga alla salute, obbliga a vivere indefinitamente, anche senza alcuna speranza di ripresa.
E’ chiaro a tanti giuristi come questa sia una legge incostituzionale, dal momento che contrasta con l’art. 13, che sancisce l’inviolabilità della libertà personale, e l’art. 32, che garantisce il consenso informato (previsto anche dall’art. 34 del Codice di Deontologia Medica), ovvero la tutela del diritto di acconsentire e di rifiutare gli interventi chirurgici, i farmaci, ecc., anche quelli salvavita, cioè quelli senza i quali può sopraggiungere la morte.
Una legge contro il testamento biologico
Questa legge è antistorica perché ci allontana ancora una volta dall’Europa, dal biodiritto comunitario e internazionale che sancisce il diritto all’autodeterminazione del paziente come prioritario rispetto al dovere del medico di curarlo. Nei paesi dell’Unione le leggi sul testamento biologico ci sono già da tempo (Belgio, Olanda, Francia, Spagna, Germania, Inghilterra), e in tutte si ribadisce il diritto del paziente di acconsentire o di rifiutare le cure. Questo è il motivo che ha
portato alcuni di noi a chiedere una legge sul testamento biologico anche in Italia: per non doversi
più appellare al diritto sovranazionale e per dare, una volta per tutte, valore legale alle volontà
anticipate di trattamento, quale atto di responsabilità. Chi avrebbe invece immaginato che l’esito
sarebbe stato esattamente l’opposto? La legge Calabrò non lascia margini di dubbio: il testamento biologico non è vincolante per il medico che ha in cura il paziente. Il medico deciderà se tenerne conto e, in scienza e coscienza, potrà disattenderlo (paternalismo medico).
La legge Calabrò non è una legge sul testamento biologico, è un’anti-legge: un manifesto ideologico che ha come finalità far sì che gli italiani non compilino la propria dichiarazione anticipata di trattamento perché, tanto, potrebbe sarebbe inutile.
Ma allora che senso ha ribadire nel testo della legge il riconoscimento del consenso informato, se poi decide il medico e non il paziente? Che senso ha scrivere che si riconosce e si garantisce la
dignità della persona in via prioritaria rispetto all’interesse della società e alle applicazioni della
tecnologia e della scienza, se poi l’introduzione per via orale o chirurgica del sondino naso-gastrico
e di conseguenza di farmaci, proteine, elettroliti, ecc., non li si può rifiutare? Senza considerare che per alcuni pazienti malati di tumore in stato terminale, l’idratazione comporta un aumento delle sofferenze e può addirittura accelerare la morte. Ma a chi ha scritto e votato questo DDL ciò non è interessato. Nutrire e idratare sempre, anche quando il corpo naturalmente rifiuta. Anche nei pazienti naturalmente incapaci di assorbire. D’altronde l’obiettivo non è certo quello di fare una legge che aiuti le persone.
Stiamo assistendo alla trasformazione dello stato democratico in uno stato etico, che impone per
legge cosa è bene e cosa è male per le nostre anime ed i nostri corpi. Lo stato italiano potrà (dovrà) sequestrare i pazienti per tenerli in vita artificialmente ad oltranza, attraverso l’introduzione forzata del sondino naso-gastrico e il mantenimento di cure e terapie non volute, contro la loro volontà.
Vita indisponibile o disponibile?
La mia vita è indisponibile da me, ordina oggi lo Stato Italiano, nel momento in cui desidero che
la natura faccia il suo corso e mi conduca alla morte (esito, tra l’altro, al quale nessun essere vivente
può sfuggire), ma pare molto ben disponibile da parte della politica, che mi trattiene a forza in
ospedale contro la mia volontà, anche se espressa pubblicamente e convalidata da un notaio. Certo, chi desidera essere tenuto in vita artificialmente va protetto e tutelato. Nessuno vuole “staccare la spina” a nessuno. Ma, allo stesso modo, chi, in coerenza con le sue personali convinzioni, non lo desidera, anch’egli andrebbe protetto e tutelato in uno stato democratico.
In questo nostro paese sempre più illiberale, la speranza è che vecchi e nuovi politici si accorgano che la bioetica non è una materia come tutte le altre. Essa tocca l’intimo di noi, del nostro modo di sentire e vedere la vita, il mondo, la morte. L’auspicio è che comprendano che nessun politico si può sostituire alla coscienza altrui, se davvero è democratico e laico il modello di stato nel quale vogliamo vivere.
Il principio della laicità è l’unico che garantisce il dialogo tra le diverse etiche e la necessaria separazione tra la morale e il diritto. La difesa del pluralismo etico e bioetico è specchio della buona democrazia, dove si tutela la libertà di pensiero e di espressione, si stimola il confronto, si cercano principi comuni sui quali fondare l’agire politico, si sensibilizzano i cittadini ad essere attivi partecipatori dell’arena sociale, si tutelano i diritti fondamentali dell’uomo nella consapevolezza che nessuno, nel castello della vita, ha le chiavi che aprono la porta della verità.


Consulta di Bioetica - Sezione di Verona

I Coordinatori
Sara Patuzzo
Alberto Turco

venerdì 17 aprile 2009

LA “QUESTIONE SICUREZZA” NELLE CITTA’

Che cos’è la “questione sicurezza”? Dietro questo macroproblema forze politiche e idee contrapposte si scontrano su un campo non certo semplice. Dal bombardamento dei media, alla propaganda politica, alla paura che si diffonde in una società sempre più aperta e globalizzata, la “questione sicurezza” sfugge da chiare definizioni. Ognuno può interpretare e reinterpretare gli eventi a suo modo, dando visioni diverse, contorte o distorte.
Nel panorama politico italiano la “questione sicurezza” ha rappresentato uno dei capisaldi della lotta politica delle destre. Cavalcando l’onda di una società spaventata, partiti come la Lega sono riusciti a conquistare fette di elettorato sempre più consistenti e le campagne elettorali ne hanno fatto un punto cardine. Da destra si richiama l’ordine, la polizia, il manganello, le ronde. E’ una risposta: portare agenti e controllori nelle strade così che le persone possano essere tenute al sicuro da aggressioni, rapine o peggio. Da sinistra si sottolineano i dati in diminuzione di rapine e crimini più svariati, ma una risposta chiara, forte e precisa non si è mai sentita. Vi è un’idea, però, in cui si ritrovano tutti coloro che per appartenenza si definiscono “di sinistra”: la società recupera la criminalità, la società deve guarire se stessa.
Il problema a cui io voglio giungere non è come un partito piuttosto che un altro reagiscano alla “questione sicurezza”, ma cos’è veramente la “questione sicurezza”. Ebbene: io penso si tratti di percezione. Percezione perché? Perché non è la rapina che ci mostrano al TG, né i dati in diminuzione dei crimini più diversi a misurare quanta sicurezza ci sia nelle strade e nelle città. La “questione sicurezza” riguarda tutte quelle persone che non si fidano più, che hanno paura a uscire di casa o a incamminarsi in strade conosciute come “malfamate” o rimanere sole di notte ad una certa ora. La questione sicurezza non è il ladro che mi minaccia, ma la percezione che ho io nell’incamminarmi in strada di giorno, di notte, a qualsiasi ora. La percezione che un tempo era individuale, è divenuta in questi ultimi anni fenomeno di massa: l’intera società, ora, si sente insicura per strada. Vi chiedo perdono per quante volte userò ancora il termine “percezione”, ma è il concetto fondamentale intorno al quale voglio scrivere.
Non vi è dubbio che i media altro non hanno fatto che aumentare questa percezione diffusa (e non intendo parlare dei politici, che su questo argomento si costruiscono carriere intere), ma la risposta non è controbattere, controbattere sempre alle proposte e ai dati di una parte o dell’altra. La risposta è lavorare per la società, e cancellare la sua “percezione diffusa”. E questo è l’altro grande passo: come si può cancellare un concentrato di paura e percezioni negative? Non di certo formando ronde, né mandando i militari per le città. Queste mosse possono cancellare il problema in una strada, in una zona per tutto il tempo in cui passano i vigilantes, poi che accade? Le persone si sentono più sicure perché ci sono più manganelli o stivali militari che calpestano il suolo? Non credo.
In strada devono esserci le persone, i cittadini, i veri abitanti delle città. Quando la sinistra parla di “risolvere il problema sicurezza attraverso la società” non lancia parole al vento (sto usando sinistra senza nominare alcun partito: sto parlando delle idee che formano il sostrato di quella macroarea che chiamiamo sinistra), né guarda in modo astratto il problema dandone una risposta altrettanto astratta: la sinistra parla di un’idea, ovvero l’idea che siano i cittadini a creare sicurezza per se stessi.
Mi spiego. Una zona, una strada, un intero quartiere non deve essere lasciato a se stesso, ma deve essere “coltivato”, migliorato, usato, sfruttato. Utilizzate qualsiasi termine possa sostituirsi ai precedenti: ciò che voglio dire è che dobbiamo usare gli spazi che sono nostri, poiché noi siamo cittadini e la città è formata da persone, non da strade e cemento.
Le zone dove la percezione di sicurezza è maggiore si dividono in due grandi gruppi: le zone illuminate dai fari delle auto della polizia, e le zone dove le persone escono, girano, passeggiano, si trovano o si divertono. Io preferisco le seconde. Dove ci sono le persone, non si sviluppa la criminalità. Dove c’è vita non c’è delinquenza. E’ un assunto abbastanza verosimile.
Ricollego quindi tutto. La “questione sicurezza” si basa sulle percezioni della società. Se una società percepisce l’insicurezza di un luogo, questo luogo verrà lasciato a se stesso, abbandonato per trasformarsi in qualcosa di effettivamente insicuro. Quali sono gli strumenti che possono ricostituire un tessuto sociale sicuro e vivibile e invertire la tendenza delle percezioni? Le persone. Le persone come mezzi e come fini: impegnarsi tutti per migliorare la propria qualità di vita. Le persone possono uscire, possono ritrovarsi, possono creare un tessuto sociale non minato da piccoli o grandi criminali. Come? Uscendo di casa, fare della propria zona, della propria strada, della propria città il proprio spazio vivibile, la propria casa. Senso civico, luoghi di ritrovo e divertimento, voglia di creare qualcosa: ecco la combinazione che io considero vincente.
Ho scritto tanto mi sono ripetuto troppo. Ho parlato in astratto, questo è vero; ora voglio scendere nel caso concreto. Provo con una proposta. In una zona non vi sono né pub né punti di ritrovo; le persone non escono e hanno timore a ritrovarsi sole perché non vi è nessuno per strada. C’è un locale in disuso che nessuno ha più utilizzato; oppure c’è un edificio al cui interno troviamo una sala completamente libera. Magari gli abitanti del posto si sono sempre rifiutati di accogliere pub o locali per evitare rumori notturni. Cosa farne però di quella sala? Le idee sono molte: un luogo di ritrovo, un piccolo cinema, un teatro dove giovani compagnie propongono i loro spettacoli. Perché no? Cultura, divertimento, magari anche solo un punto di riferimento per una serata che non si sa come passare. La gente comincia ad uscire, le persone cominciano ad utilizzare quelle strade che sono loro di diritto. Si crea un circolo virtuoso: magari qualche bar rimane aperto fino a tardi, magari una coppia decide di farsi una passeggiata senza doversi preoccupare dell’ora o del posto, magari i giovani della zona si ritrovano in un punto di aggregazione annullando la fredda indifferenza di tutti i giorni. La mia può essere una proposta semplice, banale, magari può anche non piacere. Ma le proposte possono essere maggiori, possono crescere e svilupparsi, da un piccolo seme ad una maestosa quercia. L’importante è volerlo.

Alessio Mazzucco

BIBLIOTECHE RIONALI

La funzione sociale delle biblioteche è storicamente sottostimata e non si esaurisce certo nel seppur importante spazio attrezzato e adibito alla lettura o allo studio che esse offrono. Le biblioteche sono anche uno luogo di socializzazione e scambio significativo, fruibile non solo dagli studenti ma anche da un’utenza maggiormente variegata.Le biblioteche rionali svolgono poi un non trascurabile compito di valorizzazione del territorio, che in una città ad alta densità periferica come Milano, sarebbe sciocco non considerare.
Solo poche, troppo poche, biblioteche hanno orari elastici e sono in grado di garantire un servizio efficiente e completo ai cittadini.Attualmente i numeri sono sconfortanti, solo cinque biblioteche su ventisei offrono un orario notturno, chiudendo peraltro alle ventidue.Discorso a parte poi per l'apertura domenicale, che non è prevista per nessuno dei ventisei casi già citati.Risulta quindi evidente come possa essere difficile, se non addirittura impossibile, la fruizione degli importanti servizi delle biblioteche da parte dei tanti studenti-lavoratori presenti a milano.
Noi chiediamo che venga consentito ad un maggior numero di biblioteche rionali l'adozione di un esercizio serale.Chiediamo inoltre che venga incentivata l'apertura domenicale.
Sviluppare questo importante servizio comunale significa essere vicini alle esigenze dei cittadini, significa riabilitare spazi periferici degradati, significa rispondere a problematiche importanti in maniera propositiva ed efficiente.Una buona amministrazione dovrebbe farlo, noi ci impegneremo affinchè lo faccia.

lunedì 13 aprile 2009

SOCIALISTI E RADICALI PER IL TESTAMENTO BIOLOGICO






Il 26 Marzo il senato italiano ha approvato un disegno di legge che consentirà ai medici di mantenere in vita qualunque individuo si trovi in coma vegetativo, indipendentemente dalle precedenti volontà dello stesso.
Questo è l'ennesimo passo indietro della politica italiana che si è dimostrata ancora una volta incapace nella difesa di valori che vanno al di là della seppur importante laicità.La legge che il governo vuole imporre ai suoi, ormai, "sudditi" è anticostituzionale, dato che la stessa costituzione stabilisce che : " nessun cittadino può essere sottoposto a cure mediche contro la sua volontà". E' paradossale perchè riesce nel tentativo di non considerare una terapia, che prevede l'inserimento di un tubo nello stomaco, una cura medica. E' illogica in quanto proposta senza alcun coinvolgimento della comunità medica.Soprattutto però è allarmante perchè frutto dell'onda emotiva, alimentata da una comunità mediatica mai così cieca e distorta, successiva alla recente morte di Eluana Englaro.
Noi Giovani Socialisti Milanesi ci impegneremo a tenere vivo il dibattito raccogliendo firme per l'associazione Luca Coscioni, con lo scopo di portare in parlamento le tantissime voci di dissenso a questo ennesimo attacco alle libertà individuali di ogni singolo cittadino. Lo faremo assieme ai compagni Radicali dell' associazione Enzo Tortora, indipendentemente da quelle logiche di partito che ci dovrebbero vedere distanti con le elezioni alle porte.Lo faremo perchè esistono battaglie che vanno combattute al di là delle politiche elettorali, perchè troppo nobile, perchè troppo importante.

Edoardo Paschetta

venerdì 10 aprile 2009

AIDS

RIFLESSIONI SULL'UNIVERSITA'

30 marzo: sul Sole 24 Ore vengono pubblicati i numeri di parte della riforma di "razionalizzazione" delle università pubbliche. I dati, molto rapidamente, dicono: 2283 corsi di laurea sotto il monitoraggio del ministero; 221 i corsi a rischio di taglio o accorpamento (9,7% del totale); 3378 indirizzi dei corsi di laurea tenuti sotto osservazione; 1150 il numero dei corsi di laurea a rischio di taglio o accorpamento (34% del totale).
L'articolo intero approfondisce nel dettaglio questi numeri.
La domanda è: ci sono le basi per una buona riforma universitaria? La Gelmini non è sicuramente partita acclamata dagli studenti universitari: nonostante i tagli dei fondi alla ricerca fossero dovuti alla finanziaria "alla Tremonti", la ministra dell'Istruzione ha subito gli attacchi più violenti. Ma razionalizzare l'università cosa significa? Tagliare borse di studio e ricerca o ricostruirne la struttura? Io penso che le ultime notizie mostrino almeno un tentativo di cambiarne la struttura, procedura fondamentale per una riforma seria. Ma come si potrebbe procedere? Altri tagli, altro risparmio, o magari attivarsi per sostenere la meritocrazia, il buon insegnamento, le strutture efficienti e la possibilità di un assorbimento dei neo-laureati nel mercato del lavoro? Come agire sulle facoltà, i corsi di laurea, il numero di iscritti e i fondi insufficienti per una buona ricerca?

Alessio

venerdì 3 aprile 2009

INCONTRO PRE-GONGRESSUALE E MANIFESTAZIONE

Si terrà domani mattina in Piazzale Loreto l'incontro con i compagni lombardi in vista del Congresso regionale della FGS.
Nella giornata di domenica 5 aprile si svolgerà inoltre in piazza della Scala una manifestazione contro il razzismo a cui prenderanno parte molte pesonalià del mondo culturale fra cui anche Moni Ovadia.

mercoledì 1 aprile 2009

LIBERTA' DI SCEGLIERE

Il Governo Berlusconi ha  approvato in Senato una legge che toglie a ciascuno la possibilità di decidere sulla propria vita e la sua fine. Si è voluta  infatti rendere obbligatoria la nutrizione e l’idratazione forzata anche quando la persona non accetta un accanimento terapeutico divenuto insopportabile, o quando la vita non è più tale, ma si è trasformata in pura sopravvivenza vegetativa che il diretto interessato aveva escluso di volere per sé.  È Stato inoltre approvato un emendamento dell’ UDC secondo il quale  il medico potrà non attenersi alla dichiarazione anticipata di trattamento del paziente. Tra i partiti dell’opposizione, Partito Democratico e Italia dei Valori, su questa proposta di legge hanno dato ai singoli parlamentari, libertà di voto. Si dimentica così che la libertà di coscienza di un parlamentare ha un limite invalicabile: non può toglierla ad altri cittadini e ad altre cittadine. Se ciò avvenisse si verrebbe meno al fondamentale compito democratico di garantire a tutti la possibilità di decidere secondo la propria responsabilità. Ci rivolgiamo al Parlamento, a partire da coloro che si dichiarano per il rispetto della libertà di ciascuno affinché si rispettino i seguenti principi.

 

LA VITA È DI CHI LA VIVE, NON DELLO STATO

Sul confine tra la vita e la morte, la scelta di proseguire o meno cure dolorose e senza speranza deve restare responsabilità di ogni singola persona. La libertà personale, in questa sfera, è tra le più preziose e nessuno può costringerci a rinunciarvi. La Costituzione italiana a questo proposito è chiara: tutti hanno diritto alle cure ma nessuno può essere obbligato a curarsi contro la propria volontà. Le persone, in tutti i paesi civili possono decidere e lasciare scritto fino a che punto vogliono essere curate e dove invece sarebbe solo un’inutile sofferenza in più.

 

LA LIBERTÀ DI COSCIENZA DEI CITTADINI, VIENE PRIMA DI QUELLA DEI PARLAMENTARI

I parlamentari della Repubblica non possono prendersi ciò che non appartiene loro: la possibilità di decidere al posto nostro. Chi è eletto dal popolo non può, in nome della propria coscienza, far tacere quella di 60 milioni di persone. La libertà dei singoli cittadini/e non può essere messa sotto sequestro dal volere di mille parlamentari o dalla maggioranza di essi.


Link Utili

http://www.abuondiritto.it/testamento_biologico.pdf

http://www.lucacoscioni.it/

http://www.corriere.it/politica/09_aprile_01/mannheimer_osservatorio_bb767118-1e7d-11de-9011-00144f02aabc.shtml