martedì 31 marzo 2009

I Marossismi...prrima puntata

Uno spettro s’aggira per l’Italia. Quello spettro è sicuramente quello del partito socialista che, mai morto anche se scomparso, continua a tenere i primi posti della politica italiana: primi posti coi suoi eredi ed epigoni (molto spesso aberrazioni) ma soprattutto primi posti colle sue proposte di riforme: giustizia, federalismo, presidenzialismo, alternativa a sinistra. Sembra paradossale ma l’unica idea non sconfitta dalla storia (come invece sono state sconfitte quella comunista, quella postfascista e quella democristiana scomparse, non a caso, non nella forma, ma nelle idee dal panorama politico) è l’unica a non avere una propria rappresentanza coerente in parlamento. Certo, tutti si dicono più o meno socialisti. Tutti sposano i problemi posti dai scocialisti vent’anni fa. Il nome di Craxi è fruttato a Berlusconi una standing ovation al suo congresso-show di settimana scorsa. Ma nessuno è veramente socialista, nessuno, ed il paese ne risente. A parte le battute, non credo che il socialismo e il craxismo siano stati solo le mazzette e il malgoverno: il craxismo è stato un periodo di crescita economica e sociale, di dibattito intellettuale e di riforme politiche come quasi mai ci furono e ci sono nella storia repubblicana. Parafrasando Lombardi da quel periodo, velocemente rottamato dalla società e dalla politica, non è rimasto nessun fiore pronto a sbocciare: è rimasta solo la zizzania, la mala pianta: il buono del socialismo italiano è morto e fatica a risorgere. Se i postcomunisti-cattolici tengono in ostaggio la sinistra è perché l’alternativa socialista non c’è più. Se si continuano a perdere le elezioni è perché le due ideologie uscite perdenti dalla caduta del muro si sono arroccate in posizione difensiva mascherandosi nel PD e ingessando il dibattito in nome della real-politik: real politik per altro irreale che ha portato a una durissima sconfitta annunciata ma ignorata o forse, peggio, non percepita. La speranza è che colle elezioni europee arrivi un segnale a tutte quelle forze di sinistra, dentro e fuori dal PD, che si riconoscono negli ideali socialisti, chi più a destra chi più a sinistra, che dica: il ventennio di esilio è finito , è tempo di rinascere. Certo, facciamo attenzione a non rifugiarci dietro le identità morte e sepolte: il partito è sempre un mezzo, per ritornare a Lombardi, mai un fine, e dunque ben venga un partito di sinistra riformista che rispecchi le diverse posizioni. Un partito che magari non si chiami neanche socialista, ma che lo sia nella sostanza. Un partito di sinistra adesso nascosto un po’ nel PD e un po’ in Sinistra e Libertà che, per forza di cose, dovrà e potrà nascere se saremo capaci di dargli vita. Quando le persone mi chiedono “socialista? Ma non eravate morti?” io voglio rispondere che no, non siamo morti e non vogliamo morire e che non vogliamo morire non perché rimpiangiamo il garofano o chissà quali altri “si stava meglio quando si stava peggio” tanto di moda di questi tempi: non vogliamo morire e non moriremo perché è necessaria una forza riformista e liberal-socialista capace di confrontarsi colle sfide del futuro. Basta guardarsi intorno: il panorama politico è preoccupante; la classe politica è incapace di capire la modernità che ci circonda e di governarla; semplicemente ci stiamo lasciando portare dalla corrente. È la constatazione della realtà politica di oggi, dunque, che ci fa dire di essere pronti a riprendere il lavoro interrotto anni fa di modernizzazione del paese, non la nostalgia di vecchi fasti e vecchie sacche di potere. L’Italia di oggi ha bisogno della sinistra, vuole la sinistra con tutte le forze: una sinistra riformista, laica, pragmatica e capace. Certo, con chi pensa (forse in mala fede) che il PD di D’Alema e Veltroni sia ancora la soluzione alla crisi della sinistra e del paese di questi anni, è inutile perdere tempo in spiegazione che tanto sarebbe incapace di comprendere: finito il comunismo, il sonno dogmatico è ancora lì ad ingessare militanti e dirigenti; miopi e fuori dal mondo.

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