giovedì 7 maggio 2009

Liberalismo e Socialismo

In questo Paese ormai si spacciano tutti per liberali. Ma lo sono davvero? Non è che forse gli unici rimasti sono proprio, strano a dirsi, i socialisti? Un’affermazione del genere potrebbe parere assurda, risibile. Ma non lo è affatto, se mi si lascia spiegare di che stiamo parlando.

 

Non è troppo difficile spiegare il Liberalismo e il Socialismo, a patto di non indagarne l’evoluzione storica ed invece descriverli per quello che, ora e adesso, rappresentano questi due termini per le parti politiche e moderate che vi si riferiscono.

 

Entrambe sono correnti di pensiero politiche riguardanti lo Stato: come andrebbe ordinato, gestito e come dovrebbe rapportarsi coi cittadini.

Il Liberalismo prescrive uno Stato dove tutti siano uguali di fronte alla legge, dotati degli stessi diritti e degli stessi doveri. Quello che maggiormente conta nel Liberalismo è che nessuno categoria di cittadini possa avvalersi del potere di dettar legge sul resto della popolazione spezzando quindi l’equilibrio assicurato dallo Stato liberale detto anche, per il suo accento sull’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, Stato di diritto.

 

Al di fuori dei diritti che lo Stato difende e dei doveri che impone i cittadini sono assolutamente liberi di rapportarsi fra loro come vogliono, dandosi da soli le norme necessarie a regolare i reciproci rapporti. L’idea alla base di questo “lasciar fare” è che, una volta posto lo Stato a impedire sopraffazioni, gli esseri umani lasciati liberi d’agire possono realizzare ciascuno al massimo le proprie capacità raggiungendo nella società quelle posizioni che il loro merito, e solo questo, permette loro di raggiungere dando vita ad una società meritocratica ed autoregolante.

 

Le stesse idee sono alla base del libero mercato, espressione economica del liberalismo: le persone lasciate libere di produrre e comprare quello che vogliono sono in grado di dare vita a un mercato dai prezzi moderati e dall’alta qualità. La concorrenza fra liberi imprenditori nella gara per conquistarsi il favore degli acquirenti instaura un circolo virtuoso nel quale i prodotti e i servizi possono solo migliorare, e di conseguenze il benessere sociale crescere.

 

Il Socialismo, inteso nella sua accezione riformista e democratica, si inserisce sulla base del Liberalismo come un suo perfezionamento. Col tempo sono difatti emerse delle mancanze nello schema proposto dal Liberalismo.

Lo Stato di diritto assicura che nessun cittadino possa essere superiore all’altro nel potere politico, cioè capace di imporsi legalmente con la forza, ma non elimina le differenze, spesso pesanti, dettate dallo squilibrio del potere economico, la capacità di imporsi sugli altri attraverso la propria ricchezza o il proprio controllo dei mezzi economici. Il tutto è riassumibile nella frase: lo Stato di diritto assicura un’uguaglianza formale (di fronte alla legge), ma non sostanziale (una uguaglianza di mezzi).

 

Il Socialismo in Europa è la corrente di pensiero principe di chi mira alla creazione di uno Stato sociale. Lo Stato sociale è uno Stato che combina le caratteristiche di uno Stato di diritto (quindi liberale) con una serie di politiche sociali che mirano ad assicurare a tutti i cittadini gli stessi mezzi e uguali possibilità di far valere il proprio merito o, quanto meno, di condurre una vita dignitosa.

 

Un’uguaglianza di mezzi ovviamente non presuppone una uguaglianza di risultati.

Il Socialismo interviene a correggere quelle conseguenze estreme del “lasciar fare” liberale che porterebbero, e in alcuni casi hanno portato, a lasciar fuori dall’istruzione, dalla sanità, dal lavoro e dai servizi fondamentali persone meritevoli (o nel caso di sanità e servizi bisognose) ma che non sono nate dotate dei mezzi necessari ad accedervi secondo le regole di mercato (ad esempio, se l’istruzione fosse privata, chi non ha i mezzi minimi per pagare anche il più economico degli istituti) e per questo sarebbero bloccate e impossibilitate a coltivare ed esprimere il proprio potenziale (se una persona non riesce ad istruirsi non svilupperà mai capacità tali da accedere a un buon lavoro e corre anche il rischio di non trovare neanche un lavoro privo di requisiti, magari perché in concorrenza con tutti gli altri poveri non istruiti).

 

Il Socialismo ha come punto centrale creare meccanismi per i quali nessun cittadino venga lasciato morire nella indigenza e tutti possano essere forniti dei mezzi base necessari per gareggiare in concorrenza con gli altri cittadini nel lavoro e nella vita.

 

Inoltre il Socialismo, sempre nell’ottica di giungere se non ad una uguaglianza sostanziale (utopia impossibile) quanto meno a un livello minimo di mezzi per tutti) si occupa altresì di regolare il mercato facendo sì che nessun soggetto, o cerchia di soggetti, possa arrivare a detenere un potere tale da riuscire a falsare il gioco della concorrenza e che nessuno degli imprenditori del mercato approfitti della categoria debole del mercato stesso, il consumatore, oggi sottoposto sempre a tutta una serie di inganni e soprusi anche molto sottili.

 

Così come il Liberalismo si fonda sul principio del monopolio del potere politico da parte dello Stato, che per il resto risulta “leggero”, quasi assente nella vita dei cittadini, il Socialismo si fonda su un suo principio che possiamo definire della solidarietà sociale, ovvero dello Stato che si pone nei confronti della società come un regolatore di contrasti che, ricevendo costante supporto dalla Società principalmente attraverso le tasse, ridistribuisce le proprie risorse offrendo a tutti i servizi essenziali e agendo a favore delle componenti della Società che da sole non riuscirebbero ingiustamente a dimostrare il proprio valore.

 

Ma perché lo Stato sociale possa attuarsi è necessario che costruisca su uno Stato liberale solido. Per questo si può dire che, in un Paese dove chi sventola la bandiera del Liberalismo agisce sistematicamente contro il libero mercato, dove chi dovrebbe difendere il merito nel mercato non fa niente per risollevare i piccoli imprenditori aiutando sempre i soliti nomi, dove chi dovrebbe assicurare la neutralità dello Stato di fronte alle scelte di vita dei cittadini si intromette costantemente nella sfera più private ed intime del cittadino invadendone la coscienza e la disponibilità del proprio corpo e dei propri beni, dove chi invoca la massima giustizia continua a tenere il sistema giudiziario alla catena senza risolverne i molteplici problemi, i Socialisti sembrano essere gli unici Liberali rimasti, desiderosi di uno Stato di diritto degno di questo nome e di un libero mercato vero e non artefatto, abitato da cittadini liberi di gestire se stessi senza costrizioni che non siano dettate dal buon senso.

Il fatto che ormai siano i Socialisti a tenere in mano questo testimone, quello dello Stato di diritto, dovrebbe dare da riflettere, oltre ad essere per molti uno spunto utile dal quale partire per della sana autocritica.

 

Alla prossima

 Marco Parini

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