venerdì 17 aprile 2009

LA “QUESTIONE SICUREZZA” NELLE CITTA’

Che cos’è la “questione sicurezza”? Dietro questo macroproblema forze politiche e idee contrapposte si scontrano su un campo non certo semplice. Dal bombardamento dei media, alla propaganda politica, alla paura che si diffonde in una società sempre più aperta e globalizzata, la “questione sicurezza” sfugge da chiare definizioni. Ognuno può interpretare e reinterpretare gli eventi a suo modo, dando visioni diverse, contorte o distorte.
Nel panorama politico italiano la “questione sicurezza” ha rappresentato uno dei capisaldi della lotta politica delle destre. Cavalcando l’onda di una società spaventata, partiti come la Lega sono riusciti a conquistare fette di elettorato sempre più consistenti e le campagne elettorali ne hanno fatto un punto cardine. Da destra si richiama l’ordine, la polizia, il manganello, le ronde. E’ una risposta: portare agenti e controllori nelle strade così che le persone possano essere tenute al sicuro da aggressioni, rapine o peggio. Da sinistra si sottolineano i dati in diminuzione di rapine e crimini più svariati, ma una risposta chiara, forte e precisa non si è mai sentita. Vi è un’idea, però, in cui si ritrovano tutti coloro che per appartenenza si definiscono “di sinistra”: la società recupera la criminalità, la società deve guarire se stessa.
Il problema a cui io voglio giungere non è come un partito piuttosto che un altro reagiscano alla “questione sicurezza”, ma cos’è veramente la “questione sicurezza”. Ebbene: io penso si tratti di percezione. Percezione perché? Perché non è la rapina che ci mostrano al TG, né i dati in diminuzione dei crimini più diversi a misurare quanta sicurezza ci sia nelle strade e nelle città. La “questione sicurezza” riguarda tutte quelle persone che non si fidano più, che hanno paura a uscire di casa o a incamminarsi in strade conosciute come “malfamate” o rimanere sole di notte ad una certa ora. La questione sicurezza non è il ladro che mi minaccia, ma la percezione che ho io nell’incamminarmi in strada di giorno, di notte, a qualsiasi ora. La percezione che un tempo era individuale, è divenuta in questi ultimi anni fenomeno di massa: l’intera società, ora, si sente insicura per strada. Vi chiedo perdono per quante volte userò ancora il termine “percezione”, ma è il concetto fondamentale intorno al quale voglio scrivere.
Non vi è dubbio che i media altro non hanno fatto che aumentare questa percezione diffusa (e non intendo parlare dei politici, che su questo argomento si costruiscono carriere intere), ma la risposta non è controbattere, controbattere sempre alle proposte e ai dati di una parte o dell’altra. La risposta è lavorare per la società, e cancellare la sua “percezione diffusa”. E questo è l’altro grande passo: come si può cancellare un concentrato di paura e percezioni negative? Non di certo formando ronde, né mandando i militari per le città. Queste mosse possono cancellare il problema in una strada, in una zona per tutto il tempo in cui passano i vigilantes, poi che accade? Le persone si sentono più sicure perché ci sono più manganelli o stivali militari che calpestano il suolo? Non credo.
In strada devono esserci le persone, i cittadini, i veri abitanti delle città. Quando la sinistra parla di “risolvere il problema sicurezza attraverso la società” non lancia parole al vento (sto usando sinistra senza nominare alcun partito: sto parlando delle idee che formano il sostrato di quella macroarea che chiamiamo sinistra), né guarda in modo astratto il problema dandone una risposta altrettanto astratta: la sinistra parla di un’idea, ovvero l’idea che siano i cittadini a creare sicurezza per se stessi.
Mi spiego. Una zona, una strada, un intero quartiere non deve essere lasciato a se stesso, ma deve essere “coltivato”, migliorato, usato, sfruttato. Utilizzate qualsiasi termine possa sostituirsi ai precedenti: ciò che voglio dire è che dobbiamo usare gli spazi che sono nostri, poiché noi siamo cittadini e la città è formata da persone, non da strade e cemento.
Le zone dove la percezione di sicurezza è maggiore si dividono in due grandi gruppi: le zone illuminate dai fari delle auto della polizia, e le zone dove le persone escono, girano, passeggiano, si trovano o si divertono. Io preferisco le seconde. Dove ci sono le persone, non si sviluppa la criminalità. Dove c’è vita non c’è delinquenza. E’ un assunto abbastanza verosimile.
Ricollego quindi tutto. La “questione sicurezza” si basa sulle percezioni della società. Se una società percepisce l’insicurezza di un luogo, questo luogo verrà lasciato a se stesso, abbandonato per trasformarsi in qualcosa di effettivamente insicuro. Quali sono gli strumenti che possono ricostituire un tessuto sociale sicuro e vivibile e invertire la tendenza delle percezioni? Le persone. Le persone come mezzi e come fini: impegnarsi tutti per migliorare la propria qualità di vita. Le persone possono uscire, possono ritrovarsi, possono creare un tessuto sociale non minato da piccoli o grandi criminali. Come? Uscendo di casa, fare della propria zona, della propria strada, della propria città il proprio spazio vivibile, la propria casa. Senso civico, luoghi di ritrovo e divertimento, voglia di creare qualcosa: ecco la combinazione che io considero vincente.
Ho scritto tanto mi sono ripetuto troppo. Ho parlato in astratto, questo è vero; ora voglio scendere nel caso concreto. Provo con una proposta. In una zona non vi sono né pub né punti di ritrovo; le persone non escono e hanno timore a ritrovarsi sole perché non vi è nessuno per strada. C’è un locale in disuso che nessuno ha più utilizzato; oppure c’è un edificio al cui interno troviamo una sala completamente libera. Magari gli abitanti del posto si sono sempre rifiutati di accogliere pub o locali per evitare rumori notturni. Cosa farne però di quella sala? Le idee sono molte: un luogo di ritrovo, un piccolo cinema, un teatro dove giovani compagnie propongono i loro spettacoli. Perché no? Cultura, divertimento, magari anche solo un punto di riferimento per una serata che non si sa come passare. La gente comincia ad uscire, le persone cominciano ad utilizzare quelle strade che sono loro di diritto. Si crea un circolo virtuoso: magari qualche bar rimane aperto fino a tardi, magari una coppia decide di farsi una passeggiata senza doversi preoccupare dell’ora o del posto, magari i giovani della zona si ritrovano in un punto di aggregazione annullando la fredda indifferenza di tutti i giorni. La mia può essere una proposta semplice, banale, magari può anche non piacere. Ma le proposte possono essere maggiori, possono crescere e svilupparsi, da un piccolo seme ad una maestosa quercia. L’importante è volerlo.

Alessio Mazzucco

Nessun commento:

Posta un commento